A chi ce l’ha più lungo.
È una dedica eh, mica una gara.
A noi che ci troveremo per le mani ‘sto lungo formato da maneggiare.
Un brindisi col retrogusto di Cinghiale, il grande pennello intendo, perché le cose destinate a durare non sono per forza quelle che durano di più.
Ecco, io qui avrei anche già raggiunto il numero di parole che di solito mi piace farmi bastare. Allora il resto dello spazio (o del tempo?) lo riempio con degli appunti che ho lì da parte per quando devo farla lunga.
Caffè lungo.
Quanto fa schifo quando al bar chiedi un caffè americano e ti portano un caffè normale con l’acqua calda di fianco? Il caffè filtrato è un’altra roba, meno in tha face dell’espresso ok, ma con una sua complessità e sfumature di gusto che non troverai mai in una roba annacquata.
Saltare i fossi per il lungo.
“Quando ero giovane io, saltavamo i fossi per il lungo” dicevano i vecchi per ricordarci che per il lungo formato si son fatte già cose pazzesche da cui rubare/imparare al cinema, a teatro, nei libri o fumetti e nelle performance.
In lungo e in largo.
Mi pare sia il secondo assioma del formato, che dice che acquista dimensione quanto più si allunga; è il teorema inverso del tirare in lungo, che invece assottiglia il contenuto tipo stringa di liquirizia che poi si rompe e delusione totale.
Lungo il fiume.
A.k.a. può accompagnare solo; cioè più il lungo è lungo e più finisce per essere lungo qualcos’altro nello stream di attività, interessi e contenuti quotidiani. Non un’interruzione, ma una scelta.
Lunghi e ben distesi.
Come i jogger da pandemia insegnano, il passo è tutto. Deciso, armonico e accessoriato: è il passo convinto che ti porterà lontano, oltre la legge dei 200 metri da lockdown o dei 6 secondi da scroll through.
La lista sarebbe (giustamente) lunga ma mi fermo qui, felice di aver usato almeno una i lunga nell’articolo e curioso di scoprire quanto e come diventerà lungo sto formato nelle mani di noi creativi della pubblicità. Insomma non vedo l’ora di vederci lungo.